Orgoglio e Passione è un blog di Davide Scuderi
Il 13 dicembre 1937 segna una delle pagine più tragiche e brutali della storia moderna: il Massacro di Nanchino (chiamato anche Strage di Nanchino o Rape of Nanking), quando l’esercito giapponese occupò la capitale cinese, dando inizio a un’orribile serie di violenze, uccisioni e atrocità. Questo evento si svolse durante la Seconda Guerra Sino-Giapponese, che aveva visto il Giappone espandere la sua influenza in Asia orientale.
La città di Nanchino, che all’epoca era la capitale della Repubblica di Cina, cadde nelle mani dell’esercito imperiale giapponese il 13 dicembre 1937, dopo una lunga resistenza cinese. La conquista della città segnò l’inizio di un periodo di violenze sistematiche, durante il quale le forze giapponesi compirono massacri indiscriminati, stupri di massa, torture e saccheggi.
Le stime delle vittime del massacro variano notevolmente, ma si ritiene che tra 200.000 e 300.000 persone furono uccise in un periodo di circa sei settimane. Le atrocità non risparmiarono nessuno, con uomini, donne, anziani e bambini che divennero vittime di una violenza inaudita. Le donne furono rapite e violentate in massa, mentre gli uomini furono spesso fucilati o bruciati vivi. I soldati giapponesi praticarono anche crimini come lo “sport” di decapitare prigionieri, eseguire esecuzioni di massa e usare prigionieri per esperimenti medici.
Le atrocità furono documentate in parte dai pochi sopravvissuti cinesi, ma anche dai testimoni internazionali. Tra questi, un gruppo di cittadini occidentali, compreso il console generale tedesco John Rabe, che tentò di proteggere i cinesi creando una zona di sicurezza per i rifugiati, fu testimone diretto delle violenze. Rabe, pur avendo simpatia per il regime nazista, non esitò a protestare contro le atrocità giapponesi.
Il massacro di Nanchino rimase un tema doloroso e controverso nelle relazioni tra Cina e Giappone. Nonostante le evidenti prove dei crimini, il governo giapponese minimizzò inizialmente l’accaduto e cercò per decenni di ridurre la sua responsabilità storica, mentre in Cina il massacro divenne un simbolo della resistenza contro l’invasione giapponese.
Oggi, la memoria del Massacro di Nanchino continua a essere un tema di grande rilevanza, con il 13 dicembre che è commemorato in Cina come il “Giorno della Memoria del Massacro di Nanchino”. Tuttavia, la questione del riconoscimento ufficiale delle atrocità da parte del Giappone rimane una fonte di tensione diplomatica tra i due paesi. Il massacro non è solo una ferita storica, ma anche un monito per le generazioni future sul pericolo dell’intolleranza e della guerra.