Il 25 novembre 2005 segnò l’anniversario della morte di uno dei più grandi talenti del calcio mondiale, George Best. L’ex stella del Manchester United, soprannominato “Il quinto Beatle” per il suo stile di vita fuori dal campo e la sua abilità straordinaria dentro, morì all’età di 59 anni dopo aver sofferto per anni di problemi legati all’alcol. La sua morte, seguita da una lunga battaglia con la dipendenza, ha scosso profondamente il mondo del calcio e i suoi numerosi tifosi.
Best è stato uno degli atleti più iconici degli anni ’60 e ’70. Con il Manchester United, ha conquistato il Campionato di Coppa dei Campioni nel 1968, segnando una rete memorabile contro il Benfica in finale. Il suo talento unico lo ha reso una figura leggendaria non solo in Inghilterra, ma a livello mondiale. Con il suo gioco brillante e la sua personalità carismatica, Best incantava gli spettatori e diventava l’emblema di un’epoca di grande cambiamento nel calcio.
La sua carriera, però, fu segnata da un contrasto tra il suo straordinario talento e la sua lotta personale con la fama e l’alcolismo. Le sue esibizioni straordinarie in campo furono offuscate dalle sue scelte di vita fuori dal terreno di gioco, che lo portarono a lasciare prematuramente il Manchester United nel 1974. Nonostante la sua carriera sia durata relativamente poco a livello di club, Best rimane una delle figure più affascinanti e tragiche della storia del calcio.
Il 25 novembre, anniversario della sua morte, non è solo una giornata di ricordo, ma anche un’occasione per riflettere su come la sua figura continui a vivere nella cultura calcistica. Nonostante i suoi eccessi, George Best è ricordato soprattutto per il suo talento immenso, che ha influenzato e ispirato generazioni di calciatori. La sua eredità resta indelebile: una leggenda del calcio che, con il suo genio, ha segnato la storia del gioco, ma anche la vita di chi lo ha amato.
Nel corso degli anni, il nome di George Best è stato celebrato in vari modi: dalle statue commemorative al documentario che ripercorre la sua carriera e la sua vita travagliata. Il suo impatto è ancora forte, sia per il pubblico che per il mondo del calcio, che continua a ricordarlo come un simbolo di genio, passione e, purtroppo, di autodistruzione.
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