La battaglia di Caporetto, conosciuta in Italia e all’estero anche come “rotta”o “disfatta di Caporetto”, fu uno scontro combattuto sul fronte italiano della prima guerra mondiale, tra le forze congiunte degli eserciti austro-ungarico e tedesco, contro il Regio Esercito italiano. L’attacco, cominciato alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917 contro le linee della 2° Armata  italiana sulla linea tra Tolmino e Caporetto (Kobarid), portò alla più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano, al collasso di interi corpi d’armata e al ripiegamento dell’intero esercito italiano fino al fiume Piave. La rotta produsse quasi 300 000 prigionieri e 350 000 sbandati, tanto che ancora oggi il termine “Caporetto” è entrato nell’uso comune della lingua italiana  per indicare una pesante sconfitta, una disfatta, una capitolazione.

Approfittando della crisi politica interna alla Russia zarista, dovuta alla rivoluzione bolscevic, Austria-Ungheria e Germania poterono trasferire consistenti truppe dal fronte orientale a quello occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austro-ungarici, con l’apporto di reparti d’élite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglia dell’Isonzo, non ressero all’urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave, a 150 chilometri di distanza.

La sconfitta portò a immediate conseguenze politiche (le dimissioni del Governo Boselli e la nomina di Vittorio Emanuele Orlando) e militari, con l’avvicendamento del generale Luigi Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici, imputando le responsabilità alla presunta viltà di alcuni reparti) con il generale Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave,  riuscendo a tenere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare Cadorna.

 

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