80 anni del mito Dino Zoff
Gli 80 anni del mito Zoff: “Quel Mondiale vale più di un… Oscar. Oggi paro la vecchiaia”
Il grande Dino: “Oggi paro la vecchiaia. La Juve? Con Vlahovic può vincere lo scudetto”
In occasione degli ottant’anni di Dino Zoff, Bruno Longhi ha intervistato per Sportmediaset.it il portiere più iconico della storia del calcio italiano, grande uomo di sport, in campo prima e come allenatore, dirigente, commissario tecnico della nazionale poi. Amato da tutti gli appassionati per la sua classe e la sua signorilità, non certo solo dai tifosi delle sue squadre (Napoli e Juventus, in primis), Zoff ha unito con le sue parate un intero Paese, divenendo per sempre emblema dell’Italia campione del Mondo in Spagna nel 1982.
-Dino, innanzitutto tanti auguri per i tuoi primi 80 anni…
“Grazie, grazie, purtroppo sono arrivati. E’ un traguardo… purtroppo”.
-Una volta si diceva: la vita comincia a 40 anni. Ma per te a 40 anni, a metà esatta del tuo cammino, una favola era diventata realtà. Anzi: una realtà già sorretta da tanti risultati era diventata una favola…
“Effettivamente sì, perché quella del Mondiale è stata davvero una favola, dall’inizio stentato, poi sempre più travolgente, fino all’ultimo atto vittorioso del Bernabeu. Sì, davvero una favola”.
-La Coppa del Mondo potrebbe essere l’equivalente dell’Oscar per il cinema. E tu l’avevi blindata quella coppa proprio perché uno che si chiama Oscar aveva attraversato il tuo destino…
“E’ vero, quella parata su Oscar nel finale della partita col Brasile me la rivedo spesso davanti agli occhi. E pure lui la rivede, me l’aveva rivelato durante un collegamento radiofonico. Sì, quella parata ci aveva permesso d’andare avanti. Ma un mondiale, visto che si gioca ogni 4 anni, vale molto di più di un Oscar del cinema.”
-Ripensando 40 anni dopo a quel mundial spagnolo significa anche ricordare chi oggi non c’è più…
“Tanti volti che vengono a bussare alla porta dei miei ricordi, dei miei affetti. Gaetano Scirea, l’amico inseparabile anche nella vita di tutti i giorni, Bearzot, Pertini, Paolo Rossi. Il destino è il destino, segue il suo corso.”
-Soffiando sulla torta sarai costretto anche metaforicamente a farti un applauso: la tua storia potrebbe essere l’ideale per un best-seller…
Ciò che è stato fatto rimane. Per sempre. E la mia speranza è di poterne parlare ancora a lungo”.
-Oggi tu fai 80 anni, Sepp Mayer portiere della Germania Campione del Mondo del ’74, ne fa 2 di meno. Tra l’altro il 28, ma di gennaio, ha compiuto gli anni anche Gigi Buffon: credi al potere dei numeri tenendo conto che 28 è pure il contrario di 82, l’anno del trionfo spagnolo?
“Non sapevo di Sepp Mayer, e non avevo mai fatto caso a queste cose. Sono coincidenze che forse possono dire qualcosa. Ma io non sono superstizioso, nemmeno scaramantico. Però questa storia del 28 e dell’82 è perlomeno curiosa. Ci si potrebbe credere”.
-Tanti portieri hanno rivelato di aver scelto questo ruolo ispirandosi a Dino Zoff. Ma il ragazzo Dino Zoff ha avuto un campione al quale ha voluto somigliare?
“Purtroppo sono nato in un periodo in cui la televisione raramente trasmetteva partite e non c’erano nemmeno le figurine dei calciatori. Ho fatto il portiere per vocazione. Senza avere un modello come possono invece avere i ragazzi d’oggi. Mi piaceva fare il portiere e l’ho fatto”.
-Sei nato in tempo di guerra, e adesso ci risiamo. Alle luce delle decise prese di posizione di Svezia e Polonia, ritieni che lo sport possa mandare messaggi talmente forti da arrestare questa follia ?
“Lo sport può sensibilizzare, può fare la sua parte. Ma siccome io nasco in un periodo di guerra, so quale tragedia sia. E quindi non credo alla forza dei messaggi. Possono servire e debbono esserci. Ma tocca ad altri dire e fare qualcosa di più importante.”
-Ho scoperto che questo tuo cognome poco italiano, che è diventato uno dei simboli del nostro Paese, in tedesco significa rissa, litigio: vocaboli che non ti si addicono…
“A dire il vero non sono mai stato litigioso. Quindi a 80 anni sarebbe magari ora che lo diventassi, almeno un po’. Il tedesco lo mastico, ma questo significato del mio cognome sinceramente mi era sfuggito. Anche perché penso che l’origine sia addirittura bulgara.”
–Dino, dall’82 il mondo è cambiato. Il calcio si è adeguato o rimane sempre fedele a se stesso ?
“Il calcio è quello dei 90 minuti, del vinca il migliore, della competitività. Non di ciò che gli sta attorno. Conta il campo anche se la tecnologia ha un ruolo sempre più determinante. In alcuni casi è utile, in altri alimenta soltanto polemiche.”
-Per concludere ti chiedo della Signora, intendo la Juventus. Dove può arrivare con questo Vlahovic così decisivo? “La Juventus ormai da tempo ha intrapreso la strada del recupero, prima ancora che arrivasse Vlahovic. Con lui, che è fortissimo, diviene sicuramente più facile provare a raggiungere l’obiettivo. Davanti, lo sappiamo, ci sono squadre forti e tra queste l’Inter che è la favorita, il Milan che non molla e il Napoli che si è confermato vincendo all’Olimpico con la Lazio. Ma i tre punti permettono rincorse, anche quelle apparentemente difficili.”
-Se la vita comincia a 40 anni, con quale prospettiva riparte questa tua seconda vita da ottantenne?
“La prospettiva è solo quella della vecchiaia. Di tenere duro, di andare avanti il più possibile. Di non farle fare gol.”
-E allora Dino, ancora tanti, tanti auguri
“Grazie di cuore. E alla prossima…”.