Giornata contro le mutilazioni genitali femminili!!!
La pratica delle Mutilazioni Genitali Femminili – un’aberrazione per la cultura occidentale – è diffusa in diversi Paesi e con l’immigrazione è arrivata anche in Italia. Come dimostra il video, nella loro cultura non essere mutilate le rende impure. Per questo – segnala ActionAid – le bambine e le giovani donne migranti che vivono nel nostro territorio rischiano di esservi sottoposte quando tornano nel loro Paese di origine per visitare i parenti. Secondo una ricerca coordinata per l’Italia dall’Università degli Studi Milano – Bicocca, le donne presenti in Italia che sono state sottoposte durante l’infanzia a mutilazione sarebbero tra 61 mila e 80 mila. Il gruppo più numeroso è quello nigeriano che costituisce oltre la metà del totale delle donne con mutilazioni genitali. Ulteriori indagini hanno permesso di stimare la prevalenza del fenomeno all’interno delle singole comunità: le donne provenienti dalla Somalia presentano una prevalenza più alta (83,5%), seguite da Nigeria (79,4%), Burkina Faso (71,6%), Egitto (60,6%) ed Eritrea (52,1%).
In occasione del la Giornata Mondiale controla mutilazione, ActionAid invita tutti a mobilitarsi per porre termine a una pratica che lascia ferite profonde nel corpo e nella mente e coinvolge almeno 200 milioni di ragazze e bambine in 30 Paesi. Simbolo della campagna è un soffione viola, espressione del desiderio di libertà, l’hashtag è #endFGM. Sostengono la campagna, tra gli altri, Luciana Littizzetto, Matteo Caccia, Amanda Sandrelli, Cristina Bowerman, Michela Andreozzi, Lella Costa, Marco Di Costanzo, Stefania Rocca, Andrea Lucchetta e le nazionali femminili di pallavolo e rugby.
Negli ultimi due anni ActionAid si è impegnata per porre fine a questa pratica anche tra le comunità migranti residenti in Europa attraverso «After», progetto co-finanziato dall’Unione Europea e implementato in cinque Paesi Ue (Belgio, Irlanda, Italia, Spagna e Svezia). «Parlare di mutilazioni genitali femminili – dice Beatrice Costa, Responsabile Programmi di ActionAid Italia – ha suscitato inizialmente diffidenza e chiusura, sia perché ogni tema relativo alla sessualità è spesso considerato tabù, sia perché per molte donne e uomini era la prima volta che si metteva in dubbio una pratica che fa parte della loro “tradizione”. A questo si somma la non conoscenza dei rischi e delle conseguenze delle mutilazioni. Grazie ai percorsi realizzati all’interno del progetto After, siamo riusciti ad avviare un primo cambiamento nella percezione delle mutilazioni. Si tratta di un primo passo importante per destrutturare le convenzioni sociali che legittimano questa pratica in ogni parte del mondo, nonostante sempre più Paesi si siano dotati di leggi che condannano le mutilazioni genitali femminili».
Il lavoro tra le comunità migranti è stato possibile anche grazie alle testimonianze di donne che hanno combattuto in prima persona le mutilazioni nei loro Paesi d’origine. Storie di cambiamento, come quella di Rahel, ex tagliatrice tanzaniana diventata attivista contro questa pratica: «Era una tradizione della mia famiglia, mia madre mi ha dato lo strumento e lo ha poggiato sulla mia testa dicendo che avrei dovuto tenerlo per sette giorni». Una cerimonia per consacrarla. È così che Rahel ha cominciato a praticare le mutilazioni genitali femminili. Adesso si batte per far cessare questa pratica, viaggiando in Europa per incontrare le donne.
https://www.youtube.com/watch?v=gsjW38I9zuQ