21 Giugno 1987 – 21 Giugno 2017, 30 anni fa il gol che salvo la Lazio!!!
21 giugno 1987: il gol che salvò la Lazio
E’ il 21 giugno del 1987, l’estate a Roma è esplosa in tutto il suo fragore e lo Stadio Olimpico è pieno in ogni ordine di posto, nemmeno fosse una finale di Coppa dei Campioni. Ma quel giorno, a Roma, va in scena un dramma sportivo. Il cronometro del signor D’Elia di Salerno segna l’ottantaduesimo, mancano otto minuti alla fine di Lazio Vicenza e i biancocelesti sono matematicamente retrocessi in serie C quando Antonio Elia Acerbis, soprannominato “Il muto” per la sua idiosincrasia a rilasciare interviste, dalla fascia sinistra, scodella un pallone in area di rigore vicentina…
Quando il 5 agosto del 1986, la CAF ribalta la sentenza di retrocessione della Lazio per lo scandalo calcioscommesse in serie C1 e la trasforma in una penalizzazione di 9 punti da scontare nella serie cadetta, sono in molti, laziali compresi, a pensare che quella sentenza posticipi soltanto di un anno una retrocessione inevitabile. Soprattutto nell’era dei due punti a vittoria.
E quando Eugenio Fascetti, neo allenatore biancoceleste, si ritrova al centro del campo di allenamento di Gubbio, sede del ritiro estivo, per cercare di compattare un gruppo che rischia di sciogliersi prima di iniziare, ancora non lo sa che, le parole pronunciate quel pomeriggio, diventeranno l’incipit di una della pagine più memorabili della Storia del Calcio Italiano: “Chi vuole resti. Chi non se la sente può andar via subito. Ma chi resta combatte fino alla fine.”
Restarono tutti. Anche chi aveva le valigie già pronte per tornare a Roma.
…sul cross di Acerbis si avventa Angelo Adamo Gregucci, stopper roccioso con la faccia da bravo ragazzo, uno di quelli che a scuola, quando il ripetente di turno ti voleva rubare la merenda, arrivava sempre a difenderti e poi ti dava una pacca sulla spalla. L’Angelo biancoceleste, quel pomeriggio di giugno, si trova nell’area di rigore avversaria, in modo inversamente proporzionale al proprio ruolo, nel disperato tentativo di infrangere il muro alzato da Ennio Dal Bianco, ultimo baluardo vicentino, che quel pomeriggio arriva ovunque. Ovunque possano crollare le speranze laziali. Ma Angelo Adamo Gregucci viene anticipato e la palla finisce al limite dell’area di rigore, sui piedi del vicentino Lucchetti…
Recuperare nove punti di penalizzazione è difficile e iniziare bene il Campionato di Serie B, una palude sportiva dove è facile passare dal trionfo alla tragedia in un attimo, è fondamentale, ma la Lazio non riesce nell’impresa e la partenza è troppo soft, per non dire drammatica. Pareggio a Parma e sconfitta in casa con il Messina a undici minuti dalla fine. La prima vittoria arriva soltanto alla quarta giornata contro il Bologna, grazie a un 2 a 1 firmato da Magncavallo e Mandelli. Dopo otto partite, finalmente, il segno “meno” viene tolto dalla classifica e tutto appare più normale. Si comincia a parlare la stessa lingua delle altre squadre ma otto partite di ritardo sono tante. Anche se la squadra, che presenta un buon mix di giocatori esperti come Terraneo, Fiorini e Mimmo Caso e giovani promettenti come Gabriele Pin, Mandelli e Gregucci, ha tutto per centrare l’impresa.
…Lucchetti, al limite dell’area, svirgola il pallone e anziché spedirlo dall’altra parte del campo, lo consegna sui piedi di Esposito. La palla quel pomeriggio è infuocata come il Sole romano e pesa tanto quanto il respiro all’unisono dei 62000 dell’Olimpico. Esposito stoppa il pallone e potrebbe provare il tiro. Ma non lo fa. Allora guarda a destra e vede Gabriele Podavini, terzino destro dai piedi buoni e dai polmoni inesauribili, uno nato a Brescia ma Laziale dentro, dopo cinque anni di militanza con l’Aquila sul petto e nel cuore. Gabriele Podavini non ha paura di provare il tiro della disperazione. L’ennesimo. Perché ogni pallone calciato negli ultimi dieci minuti di una partita così è un pallone disperato. Calciato con il nodo in gola e con il fiato sospeso. E allora il “Poda” chiude gli occhi, carica il destro e prova il tiro della vita. Quello che può cambiare il Destino della sua squadra del cuore….
La Lazio di Mister Fascetti, sospinta da un pubblico incredibile che fa registrare una media di 35/40000 spettatori a partita, prende il ritmo giusto e viaggia a gonfie vele. La rabbia dei tifosi sugli spalti alimenta gli animi dei giocatori in campo in un unisono sportivo che lascia presagire traguardi molto più elevati che una semplice salvezza. Lo zenit della stagione laziale arriva alla ventottesima giornata, dopo la vittoria con il Cesena in casa, grazie a un goal del bomber Giuliano Fiorini, uno che ha attraversato, sorridendo e facendo a sportellate, le aree di rigore di tutte le categorie calcistiche. La Lazio, a dieci giornate dalla fine, è tredicesima con venticinque punti, ma se gli vengono sommati i nove di penalizzazione recuperati, i punti diventano trentaquattro. Gli stessi della Cremonese prima in classifica. Tenere a bada gli entusiasmi in una piazza carica di rabbia e d’amore come Roma è molto difficile. Eugenio Fascetti intuisce che il pericolo della facile esaltazione è dietro l’angolo e dichiara che “non siamo ancora salvi”. Il mister toscano conosce la serie B. E non si fida. Ma l’entusiasmo è difficile da frenare.
…Podavini vede partire il tiro e non crede ai suoi occhi. Proprio lui che ha calciato quel rigore pazzesco a Campobasso sotto l’incrocio dei pali a quattro minuti dalla fine, quando nessuno dei suoi compagni aveva il coraggio di andare sul dischetto. Lui che da quel giorno è diventato il rigorista della squadra. Lui, a cui il compagno meno esperto ha affidato le speranze di una svolta, lascia partire un tiro sbilenco, lento, che non arriva nemmeno in porta. Ma che finisce sui piedi di Giuliano Fiorini, che si è accampato in area di rigore, nell’attesa del pallone giusto…
Dopo la vittoria con il Cesena, i timori di Fascetti si avverano e la Lazio precipita in una crisi di risultati drammatica: infila tre pareggi consecutivi con Modena, Taranto e Sanbenedettese poi perde a Trieste e soprattutto in casa contro l’Arezzo a cinque minuti dalla fine. I due punti tornano grazie al successo sul Cagliari ma la sconfitta a Genova, il pareggio a reti inviolate in casa con il Lecce e, soprattutto, il crollo a Pisa per tre a zero alla penultima giornata, sbattono la Lazio sull’orlo del precipizio. Quel punto esatto in cui il confine tra il dramma e il sollievo, tra la disperazione e la speranza diventa labile. All’ultima giornata, la Lazio ha trentuno punti ed è penultima insieme al Taranto. Il Cagliari, con ventisei punti, è matematicamente retrocesso. Un punto sopra i Laziali e i pugliesi ci sono il Catania e il Vicenza, che, la domenica successiva, scende a Roma in un match da dentro o fuori. Da vita o morte. Alla Lazio serve una vittoria per continuare a sperare. Per continuare a vivere. Trentasette partite non sono servite a nulla. Ne servirà una trentottesima, e forse non basterà nemmeno quella, per scrivere il finale di un campionato drammatico.
…Giuliano Fiorini è con le spalle alla porta, appoggiato con il corpo al numero cinque Bertozzi, quando riceve sul destro il tiro infelice di Podavini…
Quella domenica, all’Olimpico non entra uno spillo, 62000 spettatori sono quelli ufficiali. Ma probabilmente sono molti di più. La Curva Nord, all’ultimo atto di una stagione al cardiopalma, espone uno striscione che è un grido di amore e di battaglia allo stesso tempo: “Noi con la Voce…Voi con il Cuore!”
Per sopravvivere serviranno entrambi, per novanta interminabili minuti.
…Giuliano Fiorini arpiona il pallone con il piede destro ma non lo stoppa. No. Giuliano Fiorini sa come si fa in quei casi. Il piede destro invita il pallone a passargli sotto le gambe. Un auto tunnel voluto che manda fuori tempo Bertozzi. Giuliano Fiorini si gira su stesso facendo perno proprio sul suo marcatore e si trova lì. A pochi metri dall’invalicabile Dal Bianco…
Al Vicenza basta un punto per salvarsi. E il catenaccio di quel pomeriggio, unito ai miracoli del suo portiere, eroe per un giorno, i tifosi della Lazio se lo ricorderanno bene. Per sempre. Lo Stadio è un inferno. I minuti passano e il fortino eretto dagli uomini guidati da Magni resiste. E resiste anche quando D’Elia espelle al sessantasettesimo il biancorosso Montani per doppia ammonizione. La Lazio è un toro ferito. Furiosa e poco razionale. Butta il cuore oltre l’ostacolo sospinta dai suoi tifosi che, minuto dopo minuto, vedono lo spettro della Serie C sempre più vicino. Sempre più grande. Il Campobasso pareggia a Messina, il Taranto vince con il Genoa. Alla Lazio serve una vittoria per arrivare a giocarsi la salvezza in uno spareggio a tre. Ma Lazio e Vicenza sono sullo zero a zero. La Lazio è in serie C e il Vicenza andrà allo spareggio. Fino all’ottantaduesimo. Quando Antonio Elia Acerbis, dalla sinistra, crossa un pallone in area di rigore. Angelo Adamo Gregucci salta di testa ma viene anticipato. Al limite dell’area, Lucchetti svirgola il pallone e lo consegna a Esposito che lo controlla e lo allarga a Gabriele Podavini. Il terzino di Brescia lascia partire un tiro sbilenco che finisce però sui piedi del numero undici biancoceleste, Giuliano Fiorini. Spalle alla porta, Fiorini controlla a seguire il pallone, si gira su se stesso e…
…c’è poco tempo per pensare in quei momenti. Giuliano Fiorini ha il pallone davanti a sé. Bertozzi si è girato su se stesso e sta per intervenire. Dal Bianco è pronto a coprirgli lo specchio. E’ una morra cinese calcistica dove vince chi ha più fame. Dove esulta chi ci mette il cuore. E il cuore di Giuliano Fiorini scende per un secondo dal petto e finisce nello scarpino destro. Solo per un istante. Quello più importante. Quello che cambia per sempre la storia di un giocatore, di un club e di un Popolo. Giuliano Fiorini si allunga in una spaccata sgraziata e decisiva. Anticipa Bertozzi e con la punta del piede destro colpisce il pallone che si insacca nell’angolino alla destra di Dal Bianco….
Subito dopo è solo catarsi. Lo Stadio Olimpico esplode in un boato innaturale. C’è chi sostiene che abbia sentito lo Stadio tremare, in quel momento.
…Giuliano Fiorini sorride, scavalca i cartelloni pubblicitari, evitando un fotografo davanti a sé e vola sotto la Nord, a raccoglierne l’abbraccio. A farsi ringraziare. Giuliano Fiorini viene sommerso dagli abbracci dei compagni. E’ stremato. Quando sta per tornare in campo, ha un sussulto. Si libera allora dalla morsa dei compagni, si rigira ancora verso la Nord, ed esulta di nuovo. Stavolta in modo rabbioso, con il pugno. E’ un’esultanza diversa, stavolta. Consapevole del gesto appena compiuto. E’ un gesto che sembra dire “Ce l’abbiamo fatta! Tutti insieme! Noi con voi!!
Il suo rientro in campo, abbracciato ad Acerbis, è lento. Lentissimo. Giuliano Fiorini guarda la Tribuna Monte Mario ed esulta con il braccio al cielo. Poi rientra sul prato verde. Felice, solitario e final. Indica la panchina dove sono i suoi compagni e il Mister Fascetti ed esulta anche in direzione loro. Con loro.
Mancano otto minuti ma la partita è mentalmente finita. Lo sanno tutti. La Lazio si andrà a giocare gli spareggi sul campo neutro del San Paolo di Napoli con Taranto e Campobasso.
Ma questa è un’altra storia.
…questa che avete appena letto invece è la storia di Giuliano Fiorini, la storia di una stagione pazzesca e la storia del goal che salvò la Lazio.