Ieri, Barack Obama ha chiuso la sua esperienza alla Casa Bianca con l’ultima conferenza stampa da presidente. Domani, gli Stati Uniti entreranno nel futuro, nel primo mandato di Donald Trump, senza dubbio il presidente più controverso degli ultimi decenni e, soprattutto, il primo completamente privo di esperienza politica e militare, conosciuto solo come uomo d’affari e personaggio televisivo.

Sarà quindi, per la prima volta, al servizio del Paese. Un Paese che finora è stato capace solo di dividere, a causa delle sue affermazioni in campagna elettorale e alla sua propensione per il litigio e le offese a chiunque provi a criticarlo. Non a caso, decine di deputati democratici hanno deciso di boicottare le celebrazioni di domani, decine di migliaia di persone sono attese a Washington per contestare il 45° presidente e manifestazioni contro di lui sono in programma in tutti e 50 gli Stati del Paese e anche all’estero. Secondo gli ultimi sondaggi – compiuti comunque su un campione molto ridotto di persone – Donald Trump è il presidente eletto meno amato degli ultimi quattro decenni. Un risultato contestato dal miliardario di New York, che su Twitter ha scritto: “Le stesse persone che hanno fatto i sondaggi elettorali falsi, e si sbagliavano completamente, ora si stanno occupando di quelli sulla popolarità. Che però sono truccati come gli altri”. È proprio l’uso quotidiano di Twitter a preoccupare molti americani – secondo un sondaggio del Wall Street Journal, il 69% degli adulti intervistati crede che il suo utilizzo dei social sia sbagliato – eppure Trump ha detto in un’intervista a Fox: “Non mi piace twittare. Avrei altre cose da fare. I media e la stampa sono sempre stati disonesti nei miei confronti. I social sono l’unico mezzo con cui poter ribattere”. Continuerà ad affidarsi a Twitter e al suo account personale, che non ha intenzione di abbandonare, visti gli oltre 20 milioni di follower. Obama ha ripetuto che con il 45° presidente ci sono stati colloqui “costruttivi” e che spera che Trump possa continuare a seguire le idee che ha espresso nel corso dei mesi passati (Obama ha citato la sanità per tutti e l’aumento dei posti di lavoro). Con l’inizio della presidenza Trump, invece, c’è la sensazione che stia finendo il “Secolo americano”, 140 caratteri alla volta: l’establishment politico americano si è stretto tenacemente all’ideale di un’America come forza essenziale ed espansiva, al centro della presidenza di George W. Bush, per esempio, con la ‘guerra al terrore’ e di quella di Obama con l’accordo con l’Iran sul nucleare e la volontà di mettere l’Asia al centro delle politiche statunitensi. Tutto questo è esattamente ciò che è stato ripudiato da Trump. Il nuovo presidente si è spesso contraddetto su molti argomenti, ma su un tema è rimasto sempre coerente: la necessità, per gli Stati Uniti, di scegliere ritiro e isolamento, invece di espansione e globalizzazione. Trump respinge il libero scambio, il ruolo sproporzionato degli Stati Uniti nella difesa militare dell’Europa, l’apertura dei confini. Ronald Reagan, un presidente a cui Trump dichiara spesso di ispirarsi, sfidò i critici riaffermando l’ambizione globale degli Stati Uniti; Trump, invece, ha avvertito gli alleati che Washington ne ha avuto abbastanza.

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