Omar Sívori
Enrique Omar Sívori (San Nicolás de los Arroyos, 2 ottobre 1935 – San Nicolás de los Arroyos, 17 febbraio2005) è stato un calciatore e allenatore di calcio italo–argentino che, nel corso della sua carriera agonistica, rappresentò sia l’Argentina che l’Italia e militò nei club del River Plate, della Juventus e del Napoli; in panchina fu anche commissario tecnico dell’Albiceleste all’inizio degli anni ’70 del XX secolo.
Chiamato El pibe de oro[3] o El Cabezón per la folta capigliatura scura che spiccava sul corpo minuto[3], o anche El Gran Zurdo (il grande mancino)[4] perché giocava principalmente con il sinistro[3], Sívori vinse con la maglia della Selección la Copa América 1957 mentre, tra le file di River Plate e Juventus, ottenne 6 titoli e 2 coppe nazionali. In carriera mise a segno 147 reti nel campionato italiano, e 17 con le casacche di Argentina e Italia; detiene inoltre, assieme a Silvio Piola, il record del maggior numero di gol segnati in una singola partita della Serie A: il 10 giugno 1961 siglò infatti 6 reti nella gara Juventus-Inter (9-1) della stagione 1960-1961[5].
È considerato uno dei giocatori più forti di tutti i tempi[4]: insignito nel 1961 del Pallone d’oro, occupa la 36ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dall’IFFHS nel 2000[6] – comprendente anche la 16ª in quella relativa ai sudamericani[7], e la 5ª per quanto concerne gli argentini[8] –; nel 2004 è stato inoltre inserito nella FIFA 100, lista che raggruppa i maggiori fuoriclasse di sempre.
Caratteristiche tecniche
Calciatore talentuoso,[3] le sue specialità erano il dribbling in velocità e il palleggio[3][9]. Era abbastanza forte fisicamente, e possedeva un’ottima coordinazione.[3]
« Era il genio assoluto, l’esplosione, l’anarchia come disciplina superiore del calcio. » |
(Massimo Raffaeli, 2010[10]) |
Carriera
Giocatore
Club
River Plate
Sívori nacque a San Nicolás de los Arroyos, città della provincia di Buenos Aires, in una famiglia di origini italiane. Suo nonno paterno, Giulio Sívori, era un immigrato di Cavi di Lavagna, frazione del comune genovese di Lavagna, mentre sua madre Carolina era di origini abruzzesi.[11][12]
Ancora ragazzo entrò a far parte del River Plate, in una squadra che includeva giocatori come Ángel Labruna e Félix Loustau, che a loro volta fecero parte della cosiddetta Máquina degli anni 1940[13]; fu allora che si guadagnò il soprannome di El Cabezón per via della folta capigliatura che spiccava sulla sua esile figura[13].
Il carattere rissoso di Sívori | ||
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Personaggio alquanto inquieto e rissoso, Sívori non esitava a scatenare risse e fare fallacci: in 12 anni di carriera in Italia ha scontato 33 giornate di squalifica[3]. In un’occasione, con la maglia della Juventus, stava per scagliarsi su un avversario, ma fu fermato dal compagno di squadra John Charles che gli mollò uno schiaffone[3]. Il 25 marzo 1962, nella gara tra i bianconeri e la Sampdoria, all’80’ aggredì l’arbitro Grignani, ritenendo ingiusta la sua espulsione, venendo punito con 6 giornate di squalifica[3][14]. Nel 1967, quando militava al Napoli, si infortunò a un ginocchio e giocò poche gare. Infuriato, inveì contro l’allenatore Pesaola. Fu punito con un milione di lire di multa[15]. Il 1º dicembre 1968, dopo aver steso lo juventino Favalli fu espulso e punito con 6 giornate di squalifica[15]. |
La squadra vinse la Primera División Argentina nel 1955, titolo confermato quando il River batté il Boca Juniors 2-1 alla Bombonera[16]. Nella stessa stagione il club vinse la Copa Río de La Plata battendo il Nacional. La stagione successiva la squadra vinse il campionato argentino all’ultima giornata battendo il Rosario Central per 4-0, con Sívori che realizzò l’ultima rete[17]. Avrebbe giocato l’ultima partita con la maglia del River contro lo stesso club il 5 maggio 1957.
Il giovane vestì la maglia dei Millonarios fino alla stagione 1957-1958, quando fu ingaggiato dalla Juventus. A posteriori, quel trasferimento provocò indirettamente un declino nella storia del cub argentino, che nei diciott’anni seguenti non riuscirà più a vincere il titolo nazionale[18]; tuttavia con quei soldi si riuscì a completare il loro stadioMonumental[18].
La Juventus e il Trio Magico
A 21 anni, Sívori arrivò quindi in Italia. L’approdo alla Juventus lo si dovette soprattutto all’interessamento dell’ex bianconero Renato Cesarini; i torinesi pagarono 10 milioni di pesos per il suo cartellino, stabilendo un record dell’epoca. Esordì in maglia bianconera nel 1957, andando ad affiancare in attacco l’altro neoacquisto, il centravanti gallese John Charles, e il capitano della squadra, l’italiano Giampiero Boniperti: nonostante le incognite della vigilia[19], questi andarono a comporre un formidabile trio offensivo – tra i più prolifici visti sul palcoscenico della massima serie italiana – che fece la fortuna della Juventus a cavallo degli anni 1950 e 1960.
L’argentino indossò la casacca bianconera in 257 partite (215 in A, 23 in Coppa Italia e 19 in Europa), segnando 170 reti (135 in A, 24 in Coppa Italia e 12 in Europa)[20][21]. Con la Juventus visse il suo periodo di maggior successo, vincendo trescudetti (tra cui il primo, storico, «della stella»[19]) assieme ad altrettante coppe nazionali[22]; nel 1960 riuscì inoltre a conquistare il suo unico titolo di capocannoniere, mentre l’anno successivo raggiunse il suo massimo traguardo personale, venendo insignito (grazie al suo status di oriundo) del Pallone d’oro come miglior calciatore europeo: era la prima volta che il prestigioso riconoscimento veniva assegnato a un giocatore italiano (per quanto italo-argentino), nonché il primo successo assoluto per un calciatore juventino e militante nel campionato italiano.
Sívori fu l’ultimo elemento del Trio Magico a lasciare il club torinese, restando in bianconero fino al 1965 quando, a causa d’insanabili contrasti con l’allora allenatore Heriberto Herrera – di cui non sopportava la stretta disciplina –, decise di cambiare aria.
Napoli[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1965 cedette quindi alle lusinghe del Napoli. Sívori arrivò a vestire la maglia azzurra grazie all’opera di Bruno Pesaola; l’allora presidente partenopeo Achille Lauro, per ottenere il suo cartellino, acquistò due motori navali per la sua flotta e pagò settanta milioni: quando arrivò in città, ad accogliere il giocatore ci furono migliaia di tifosi[23].
Qui, all’ombra del Vesuvio, formerà una coppia-gol tutta sudamericana assieme all’altro oriundo, il brasiliano José Altafini. Col club campano vinse subito la Coppa delle Alpi 1966, e fu poi protagonista in Serie A con un terzo posto nello stesso anno[24], un quarto l’anno dopo[25] e un secondo nel 1968[26].
Un infortunio al ginocchio destro durante una tournée del Napoli in Colombia, nell’estate del 1967, lo metterà a disposizione della squadra partenopea a mezzo servizio nelle ultime due stagioni; ciò, unito ad uno storico litigio con l’arbitro Fulvio Pieroni durante un Napoli-Juventus del 1º dicembre 1968 – culminato con un’espulsione e successivi sei turni di squalifica –, lo convinse definitivamente a concludere la propria carriera, a trentatré anni, decisione su cui già meditava da tempo[27].
Darà il suo commosso addio al calcio giocato, in televisione, il 21 dicembre 1968 durante la tredicesima puntata di Canzonissima, con un collegamento televisivo da Napoli[28].
Nazionale
L’Argentina e gli Angeli dalla faccia sporca
Sívori scese in campo per l’Argentina, suo Paese d’origine, in 19 occasioni, collezionando 9 reti e vincendo il titolo continentale sudamericano nel 1957 – venendo al contempo eletto miglior giocatore dell’edizione[29].
Con altri fuoriclasse di quella squadra – Omar Corbatta, Humberto Maschio, Antonio Angelillo e Osvaldo Héctor Cruz – aveva formato nell’Albiceleste un gruppo destinato a rimanere nella memoria con il nome di Angeli dalla faccia sporca (appellativo mutuato dall’omonima pellicola del 1938) per l’aria da impertinenti scugnizzi che i cinque avevano sul campo e fuori.
Invano, il terzetto con Angelillo e Maschio poté ricostituirsi nelle squadre di club italiane dalle quali i tre furono successivamente ingaggiati (mentre Sívori approdò a Torino, gli altri due si trovarono a giocare per la rivale di sempre della Juventus, l’Inter). Successivamente solo Angelillo, riuscirà negli anni 1960 a riconciliarsi calcisticamente (seppur brevemente) al fuoriclasse argentino: nel 1961, entrambi da oriundi, con la maglia azzurra, e nel 1967, con la casacca del Napoli, durante la tournée partenopea in Colombia, che vedrà Sívori protagonista del già citato grave infortunio.
Italia
Come accennato, nel 1961 Sívori vinse il Pallone d’oro e, in virtù della sua condizione di oriundo, dallo stesso anno poté essere impiegato nell’Italia che partecipò al campionato del mondo 1962 in Cile – dove fu penalizzato ancora una volta, secondo i giornalisti, dal suo carattere introverso[30].
Con la maglia della nazionale azzurra Sívori disputò in tutto 9 incontri, mettendo a segno 8 reti (di cui 4 contro Israele nel 1961).
Allenatore
Club
Per circa un decennio, subito dopo il ritito dal calcio giocato, Sívori si cimentò nel ruolo di allenatore nella natìa Argentina. Debuttò in panchina nel 1969 assumendo la guida del Rosario Central, club che guidò per un biennio. Nel 1972 prese poi le redini dell’Estudiantes, squadra che allenò brevemente fino al suo incarico da CT della nazionale. Dopo un quinquennio d’inattività, nel 1979 venne chiamato dal Racing Club, dove rimase per un anno. Dopo quest’ultima esperienza, non accettò più altre panchine.
Nazionale
Intervallato tra gli incarichi con le squadre di club, nel 1972 diventò commissario tecnico dell’Argentina, con il compito di qualificare i biancocelesti al campionato del mondo 1974 in Germania Ovest – incarico delicato, in quanto l’Argentina aveva fallito il pass nel 1970 –; ottenne la qualificazione ai danni di Paraguay e Bolivia, con 3 vittorie ed 1 pareggio.
Rimane celebre la mossa attraverso la quale – dovendo giocare due partite ravvicinate, una al livello del mare e l’altra ai 3650 m di quota di La Paz – allestì due nazionali “differenti”: mentre la prima, formata dai giocatori titolari, si allenava agli ordini di Sívori a Buenos Aires e si recò ad Asunción dove pareggiò col Paraguay, la seconda – definita “nazionale da montagna” o “nazionale fantasma” –, formata da giocatori non convocati abitualmente, fu portata dal tecnico in seconda a prepararsi in segreto sulle Ande, per acclimatarsi in quota[31].
Sívori venne allontanato nel 1974 dalla guida della nazionale, per divergenze con il presidente della federazione e per le sue scarse simpatie nei confronti di Juan Domingo Perón, rientrato in Argentina e tornato presidente in quel periodo. Sulla panchina dell’Albiceleste conta un ruolino di 16 gare, di cui 9 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte.
Dopo il ritiro
Negli ultimi anni di vita lasciò l’Italia per tornare a vivere in Argentina. Sposato con Maria Elena Casas, da lei ebbe tre figli: Néstor, Miriam e Humberto, questo ultimo scomparso di cancro nel giugno del 1978, all’età di quindici anni. Morì il 17 febbraio 2005 nella sua casa di San Nicolás de los Arroyos – da lui chiamata La Juventusin omaggio al club italiano[32] –, a causa di un tumore al pancreas, all’età di sessantanove anni.
Record
- Unico calciatore, insieme a Gigi Riva, Roberto Bettega, Francesco Pernigo, Alberto Orlando e Carlo Biagi, ad aver segnato una quaterna con la maglia della Nazionale italiana.[33]
- Unico calciatore, insieme a Silvio Piola, ad aver segnato sei gol in una partita di Serie A.
Palmarès
Club
Competizioni nazionali
- Coppa Italia: 2
Competizioni internazionali
Nazionale
Individuale
- Miglior giocatore della Copa América: 1
- 1959-1960 (28 gol)
- Inserito nella FIFA 100
- 2004
Nella cultura di massa
Nell’estate del 1965 la popolarità raggiunta portò Sívori a interpretare se stesso nel film Idoli controluce di Enzo Battaglia, con Massimo Girotti e Valeria Ciangottini[34], cui seguì nel 1970 la pellicola Il presidente del Borgorosso Football Club di Luigi Filippo D’Amico, con Alberto Sordi. Quando abbandonò il calcio giocato, la polemica con la classe arbitrale si trasferì dai campi di gioco alla televisione, e Sívori si dimostrò per lungo tempo competente e apprezzato commentatore.